‘Giorno della Memoria’, l’omaggio alle vittime della Shoah e dei campi di sterminio nazisti al Tempietto sul lungofiume Amalia Fleischer
Continuano in città le iniziative legate al ‘Giorno della Memoria’ che quest’anno a causa della pandemia si stanno svolgendo in streaming e senza l’intervento del pubblico. Il 27 gennaio di 75 anni fa le truppe dell’esercito Alleato aprirono i cancelli del campo di concentramento Auschwitz, in Polonia, svelando al mondo intero le barbarie naziste contro il popolo ebraico e altre minoranze. In ricordo di quel momento, nel 2005, le Nazione Unite, riunitesi in assemblea, stabilirono che quella data diventasse la ricorrenza internazionale del ‘Giorno della Memoria’.
Oggi, il sindaco Massimo Isola ha tenuto un incontro on-line con gli studenti delle superiori mentre Cesare Moisè Finzi, testimone della Shoah, ha parlato a una quarantina di classi delle scuole medie di Faenza, Riolo Terme, Casola Valsenio e alcune del forlivese. Alle 11.30, sul lungofiume Amalia Fleischer, al Tempietto della Memoria, si è poi svolto un breve momento durante il quale si è reso omaggio alle vittime della Shoah e dei campi di sterminio nazisti con la deposizione di una corona e il ricordo di Cesare Moisè Finzi che ha ripercorso l’orrore della Shoah vissuto in prima persona. L’iniziativa si è svolta senza la partecipazione della cittadinanza ed è stata trasmessa in diretta sulla pagina Facebook del Comune di Faenza. Al momento di ricordo hanno preso parte il sindaco di Faenza, Massimo Isola, il vicesindaco Andrea Fabbri e la Giunta di Palazzo Manfredal completo.
Un mio ringraziamento a Cesare Moisè Finzi:
Grazie a Cesare Finzi, nato a Ferrara nel 1930 e da 50 anni nostro concittadino. Grazie perché anche in questo anno particolare è stato determinato a portare la sua testimonianza di vita ai ragazzi delle scuole. Una testimonianza forte, importante, che permette di ricordare le assurde atrocità delle leggi e della violenza fascista e nazista. Il racconto del Professor Finzi ci ricorda come interi popoli, con superficiale indiferrenza, abbiano creduto alle folli tesi della superiorità della razza, create con l’unico fine di distruggere fisicamente e moralmente un intero popolo, un’intera cultura, i deboli e i “diversi”. Il racconto di un bambino che a 8 anni ha toccato con mano la brutalità delle leggi che lo esclusero dalla scuola, che lo costrinsero insieme alla sua famiglia a nascondersi e fuggire per salvarsi, che lo misero di fronte alla morte di amici, zii e cugini.Una testimonianza importante perché la memoria di ciò che è stato non possa mai più accadere. Una memoria che, per fortuna, allo stesso tempo ci ricorda che anche in quel periodo di violenza ci sono state persone giuste, libere e umane, come le ha definite il Professore. Persone che si rifiutarono di accettare gli assurdi dogmi dei regimi, esponendosi in prima persona per proteggere e salvare chi veniva ingiustamente perseguitato.Grazie di cuore Professore per la grinta e l’instancabile energia con cui tiene viva la memoria.«Sono stato un bambino fortunato. E ho cercato di essere un uomo degno dell’onore che ho avuto a sopravvivere»Rivolto ai ragazzi che chiedevano se le nuove generazioni avranno la consapevolezza di quel che è successo e cosa potranno fare affinché ciò non accada mai più:«Ecco l’impegno che vi chiedo: trasmettete ai vostri figli e ai vostri nipoti la testimonianza di quello che è successo»
“Questa è una data fondamentale per la costruzione della civiltà europea” ha detto il sindaco Massimo Isola nel suo intervento in diretta Facebook. “Mentre Faenza era stata liberata qualche settimana prima -ha continuato il primo cittadino- un gruppo di soldati Alleati dell’esercito russo, nel territorio della Polonia, diretti verso Berlino, intercettarono lo sguardo di alcuni che vagavano lungo la strada. Erano persone magrissime, spesso senza scarpe e senza capelli. Erano i sopravvissuti ai campi di concentramento che i nazisti, con la complicità dei fascisti, avevano realizzato nel cuore dell’Europa, quella stessa Europa che, dopo alcune settimane stentava a credere quello che in realtà aveva sempre saputo, il furore nazista e fascista da un lato e l’indifferenza di tanti dall’altro. Furono questi gli artefici, i complici, di una delle pagine più nere e oscure della storia del nostro continente. Oggi abbiamo bisogno di attualizzare il ricordo di quelle giornate e della cinica speranza di chi contavano che con la scomparsa degli ultimi testimoni si potessero perdere la traccia delle aberrazioni portate a termine. Abbiamo bisogno che la memoria prosegua e questa potrà essere tramandata solo lavorando nelle scuole e portando omaggio a chi non ce l’ha fatta. A Faenza abbiamo avuto l’esempio di Amalia Fleischer, una donna colta arrivata in città per riparare dalle leggi razziali. Lei però non ce l’ha fatta, morta forse durante il tragitto verso i campi di concentramento. In via della Croce si trova la Pietra d’inciampo a lei dedicata, bisogna transitare da quella strada per ricordare la sua tragedia e quella di un popolo intero. È necessario ripensare allo sguardo di quei ragazzi, dei soldati russi e dei superstiti dei campi di sterminio, che si incontrano nel cuore dell’Europa raccontandosi, con una sola occhiata, la profonda ferita inferta a un popolo e all’Europa stessa. Una ferita che potrà essere risanata solo con l’impegno quotidiano: questo, a mio avviso, dovrebbe essere lo spirito di questo 27 gennaio”