In “gita” alle Fonti di San Cristoforo, sotto l’Olmatello, al confine tra Faenza e Brisighella
Le fonti sono un luogo della storia faentina, conosciute fin dal 1495 e in passato molto apprezzate per le qualità dell’acqua. Le gite fino a San Cristoforo fanno parte del passato dei faentini, in bici, in corriera o in treno (c’era anche la stazione) si andava per bere l’acqua curativa e per divertirsi e rilassarsi in questo magico angolo di natura, al ristorante oppure nella pista da ballo.
Qualche anno fa, Aldo Fabbri, dell’Associazione Amici della Fontana e che mi ha accompagnato oggi in questo giro, ha liberato dai detriti la struttura con la cisterna per la mescita dell’acqua.
Un luogo da tenere presente, ragionarci e porre la giusta attenzione, per il futuro.
Al termine della galleria fotografica le note storiche sulle fonti
Note storiche tratte dal sito dell’IBC dell’Emilia-Romagna, per un maggiore approfondimento –> http://www.historiafaentina.it/Storia%20Attuale/le_antiche_fonti_di_san_cristoforo.html
Le Fonti di S. Cristoforo si trovano a pochi chilometri da Faenza, in un’area detta Olmatello. Devono il loro nome alla chiesetta dedicata appunto a S. Cristoforo che sorgeva un tempo in quella zona. Pare che l’acqua sia stata scoperta da un pastore, le cui pecore malate erano guarite abbeverandosi a queste polle. Di certo l’acqua era nota e usata fin dal XVI secolo, ce ne danno notizia anche Mengo Bianchelli, professore di medicina, e Gabriele Falloppio, famoso anatomista e chirurgo.
Da cronache locali sappiamo che nel 1650 a causa di alcune frane le fonti andarono quasi disperse e nel 1740 erano ridotte a un melmoso acquitrino. Poi a partire dal 1747, il protomedico di Faenza Giambattista Borsieri, cominciò ad occuparsi delle acque, le analizzò approfonditamente e pubblicò nel 1761 il trattato “delle acque di S. Cristoforo”. Nel testo si dava conto di diverse qualità d’acqua con diverse concentrazioni di sali, adatte a curare le malattie del fegato e con proprietà purgative e rinfrescanti. Quella con le migliori proprietà venne denominata da Borsieri “Olmatello”. Grazie a questo interessamento le fonti vennero recuperate e di nuovo utilizzate a scopo terapeutico.
Nell’Ottocento, nonostante fossero dedicati alle fonti diversi studi idrogeologici, tra cui quello di Paolo Sarti edito nel 1812, che ne testimoniavano le buone qualità -l’acqua risultava infatti simile a quella del Tettuccio di Montecatini- la località non ebbe un grosso sviluppo, probabilmente perché risultava piuttosto scomoda da raggiungere, e in più non vi erano opere di captazione sufficienti a garantire una buona portata d’acqua. La zona poi era soggetta a frane e smottamenti; nel 1905 i pozzi vennero sepolti da una frana sotto cinque metri di terra.
Negli anni venti Luigi Ranieri ottenne dal comune la subconcessione per lo sfruttamento dell’acqua; il Ranieri avrebbe pagato solo un canone simbolico purché si facesse carico di tutti i lavori. La gestione di Ranieri e poi dei suoi eredi continuò con discreto successo, nell’ambito locale, fino agli anni ’70 quando si resero necessari lavori che ne’ i gestori ne’ il comune vollero accollarsi. All’inizio degli anni ’80 l’impianto risultava dismesso