Ritorna il grande evento dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese, con l’apertura eccezionale di oltre 750 luoghi inaccessibili o poco noti e a Faenza un focus su Felice Giani a 200 anni dalla morte
Nel fine settimana del 25 e 26 marzo tornano le giornate di primavera del Fondo Ambiente Italiano (FAI) e come ogni anno anche a Faenza si apriranno le porte di posti magici e spesso poco conosciuti.
La delegazione ravennate del FAI ha deciso di dedicare le visite del 2023 a Felice Giani, di cui quest’anno ricorrono i 200 anni dalla morte. Sarà quindi possibile visitare tre luoghi dove il grande artista ha lavorato e lasciato un segno importante nell’arte neoclassica della nostra città: Palazzo Milzetti, la Galleria dei Cento Pacifici e Palazzo Conti-Sinibaldi.
Ad accompagnare i visitatori saranno gli studenti delle scuole superiori di Faenza che si sono preparati per fare da ciceroni ai cittadini che parteciperanno.
Palazzo Milzetti
Palazzo Milzetti, come appare oggi, presenta la sistemazione architettonica progettata dall’architetto Giuseppe Pistocchi (1744-1814) nell’ultimo decennio del Settecento. Probabilmente fu il conte Nicola Milzetti a coinvolgere l’architetto nella ristrutturazione del nucleo delle antiche case Milzetti, danneggiate dal terremoto del 1781.
L’intervento del Pistocchi che, optando per un unico blocco, progettò la facciata e le principali strutture murarie del nuovo palazzo, dovette tener conto anche della situazione preesistente; ciò che giustifica l’asimmetria del prospetto e certe irregolarità sul versante del giardino. Gli anni in cui furono condotti questi lavori sono probabilmente quelli immediatamente precedenti l’ottobre del 1796, quando l’atteggiamento dichiaratamente filofrancese del Pistocchi gli valse la prigione nel forte di San Leo, decretata dal governo pontificio.
Al ritorno (febbraio 1797), la città gli aveva ormai voltato le spalle, preferendogli l’architetto Giovanni Antonio Antolini (1754-1841). Con la morte del conte Nicola Milzetti e il riscatto da parte del figlio Francesco dell’intera proprietà del palazzo, ha inizio il secondo tempo dei lavori, condotti con la consulenza dell’Antolini che, da Milano, progettò il completamento dello scalone e del salone ottagonale al piano nobile, aprendo la grande serliana sul giardino (1800-1801). In successione, si colloca l’intervento di Felice Giani (1757-1823) e dei suoi collaboratori, documentato dai pagamenti registrati nel Taccuino manoscritto autografo dello stesso Giani: “Principiato il lavoro in casa Milzetti allì 19 ottobre 1802”. I pagamenti proseguono fino al 1805, che è anche l’anno segnato, a lavori ultimati, nel Gabinetto d’Amore al piano nobile.
A Felice Giani va fatta risalire l’invenzione dell’intero partito decorativo del Palazzo, progettato in tutti i dettagli. Suoi sono infatti i disegni, ora ritrovati, per i pannelli a stucco eseguiti da Antonio Trentanove e successivamente da Francesco e Giovan Battista Ballanti Graziani; suoi sono gli studi per la parte ad ornato eseguita da Gaetano Bertolani e sue anche le soluzioni d’interno per gli arredi realizzati in quegli anni. I dipinti sono stati condotti, anziché ad affresco, a tempera su muro; una tecnica meno costosa, che consentiva grande velocità nell’esecuzione e colori brillanti, trasparenti e tersi.
Galleria dei Cento Pacifici
La Galleria collega il Palazzo Manfredi al Teatro Masini e venne progettata dall’architetto Giuseppe Pistocchi contemporaneamente alla costruzione del teatro Masini infatti originariamente l’attuale piazza Nenni nel centro di Faenza era uno spazio interno al palazzo Comunale.
In questo spazio si riunivano i Cento Pacifici, una magistratura ufficialmente riconosciuta che sotto gli auspici della divina provvidenza, dovevano cooperare alla sospirata unione della giustizia e della pace, proponendosi con la vigilanza, il consiglio, la ragione, animati dal genio della pace e accesi dall’amor di patria, di vegliare per l’osservanza della legge, in difesa dell’onore per creare la pubblica sicurezza. Qui il Pistocchi propone la collaborazione del quadraturista bolognese Serafmo Barozzi e dello scultore riminese Antonio Trentanove, già operativi nei lavori del teatro.
Per la parte figurata racchiusa dell’ottagono centrale della volta raffigurante l’Allegoria della Pace viene convocato un giovane pittore, Felice Giani, che Barozzi aveva probabilmente conosciuto a Bologna durante la sua prima formazione presso l’Accademia Clementina prima del 1780. Sarà sufficiente poco tempo per farsi conoscere ed apprezzare poichè dopo solo due mesi viene indicato dalle cronache locali non più come un certo Giani, ma il bravo sig. Felice Giani. Del resto in quello sfondato vaporoso di gusto ancora settecentesco, già si imponevano l’eleganza disinvolta delle forme armoniosamente disposte ma anche energia, vitalità e quella travolgente carica espressiva che saranno motivo dei successi futuri. Anche I monocromi delle pareti brevi sono di sua mano, ma ridipinti in un successivo restauro, come non è da escludere qualche suo intervento nelle composizioni delle pareti. Le statue delle pareti sono opere di Antonio Trentanove.
La Galleria rappresenta il primo intervento faentino del Giani e la visita permetterà la scoperta di questa prestigiosa sala, ambiente qualificante degli spazi del Ridotto del Teatro che, per il suo alto valore storico artistico, costituisce, assieme al Teatro stesso il momento iniziale della feconda stagione neoclassica a Faenza.

Palazzo Conti-Sinibaldi
Progettato da Giuseppe Pistocchi nel 1786 si presenta con una facciata sobria di stile neorinascimentale. Corso Mazzini è il proseguimento cittadino della via Emilia ed era il decumano romano. Dall’atrio, dove si impone un cancello in ferro battuto del 1902, si accede allo scaloncino che porta all’appartamento neoclassico al piano nobile con ambienti decorati da Felice Giani.
Nel 1786 Felice Giani si trasferisce a Faenza per decorare la galleria del palazzo Conti-Sinibaldi e la Galleria dei Cento Pacifici (col l’aiuto del Barozzi) che fu la sua prima commissione pubblica. La galleria del palazzo, purtroppo danneggiata dai bombardamenti dell’ultima guerra, presenta un intervento decorativo datato 1787 che segna il passaggio di Felice Giani ad un’attività autonoma.
Le decorazioni parietali con finti colonnati, scalinate, vasi e festoni non si discostano molto dalla tradizione, ma basta poco tempo perchè il giovane decoratore prima indicato come “un certo signor Giani di Pavia”, riscuotesse consenso e ammirazione ed entrasse in contatto con le personalità più in vista fra cui i Laderchi. La decorazione delle due sale attigue, che dovrebbe cadere fra il 1795 e il 1802, (in questo periodo l’artista inizia ad annotare con una certa regolarità i suoi impegni di lavoro), mostrano una concezione progettuale dicharatamente neoclassica che tiene conto sia di un complesso lavoro di équipe degli ornatisti a corredo degli scomparti figurati più ridotti, sia degli interventi degli stuccatori Antonio Trentanove e Gian Battista Ballanti Graziani. Equipe che ritroveremo all’opera nella decorazione di Palazzo Milzetti.

Felice Giani
Felice Giani è uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo, a volte definito come un “romantico in anticipo”, è considerato un pittore bohemién, perchè mantiene un modesto stile di vita e continua a viaggiare nelle località dove riceve gli incarichi da parte della nuova classe dirigente napoleonica in ascesa.
Nato nel 1758 a San Sebastiano del Curone, in provincia di Alessandria, si trasferisce a Pavia per studiare con il pittore Carlo Antonio Bianchi e l’architetto Antonio Galli da Bibiena. Nel 1778 si trasferisce a Bologna dove prosegue gli studi con Domenico Pedrini e Ubaldo Gandolfi, pittori di scuola veneziana e l’architetto Vincenzo Mazza.
Successivamente, si stabilisce a Roma nel 1780 sotto la protezione del principe Andrea Doria Panphilj dove studia l’antico e la classicità, facendo propri gli ideali neoclassici del Winckelmann, magistralmente interpretati dal pittore Raphael Mengs ed entra in contatto con la pittura di Pompeo Batoni e Cristoforo Unterperger, mentre quest’ultimo lavora alla riproduzione delle logge Vaticane di Raffaello per conto di Caterina II di Russia, per la decorazione del palazzo d’Inverno (Ermitage) a Pietroburgo. Giani collabora a questo progetto con Unterperger sino al 1788, dove ha la possibilità di studiare direttamente i modelli raffaelleschi delle logge vaticane. Inoltre, a Roma, studia direttamente i modelli della domus Aurea e di Villa Adriana a Tivoli, frequenta l’Accademia di San Luca e la cerchia di amicizie di Angelika Kauffmann, punto focale della cultura romana dell’epoca, dove convergono moltissimi artisti ed intellettuali, da Canova a Goethe.
Nella città eterna il pittore instaura un rapporto importante per la sua carriera con l’Architetto Giovanni Antonio Antolini, con il quale manterrà l’amicizia e una stretta collaborazione per il resto della sua vita, che gli garantirà numerosi incarichi tra cui quello per l’intervento decorativo del nuovo quartiere Reale nelle procuratie a Venezia.
Nel 1786 dipinge a Faenza la Galleria dei Cento Pacifici e la Galleria di palazzo Conti, poi torna a Roma per la decorazione di palazzo Altieri. L’incarico di Faenza segna una svolta lavorativa dell’artista verso la decorazione d’interni di ambito residenziale, dove raggiunge l’apice del successo, prediligendo i temi classici, le allegorie e rappresentando magistralmente il gusto del periodo. Tuttavia continua a risiedere a Roma fino al 1794, con frequenti spostamenti nelle città in cui lavora e dove può trarre maggiore spunto per i suoi modelli, per esempio è anche a Napoli per incrementare il suo repertorio di figure classiche nel Liber studiorum.
Nel 1794 ritorna invece a Faenza, città con la quale, come abbiamo visto, ha un rapporto lavorativo privilegiato, per condurre finalmente in proprio la decorazione della Galleria di palazzo Laderchi. Qui organizza la sua bottega con Gaetano Bertolani decoratore e Antonio Trentanove, stuccatore, sostituito più tardi dai fratelli Ballanti Graziani prima e poi da Marcantonio Trefogli. L’artista, come un moderno designer, progetta tutto l’apparato decorativo attraverso il disegno, dagli arredi, agli stucchi e all’ornato, inoltre si occupa personalmente della realizzazione dei temi figurativi.
Dal 1802 è a Faenza per i cicli pittorici di palazzo Naldi (1802), palazzo Milzetti (1802- 1805), palazzo Gessi (1813), palazzo Cavina (1816); si sposta poi a Bologna nel 1805 per decorare palazzo Aldini (1805), palazzo Marescalchi (1810) e per i palazzi Lambertini Ranuzzi e Baciocchi (1822). Ritorna nuovamente a Roma nel 1806 per dipingere palazzo Monaldeschi, sede dell’Ambasciata di Spagna a Roma, il cui ciclo pittorico anticipa i temi utilizzati per l’ammodernamento e il cambio di destinazione d’uso delle procuratie a Venezia nell’anno seguente; dipinge inoltre il Palazzo del Quirinale (1811) e lavora anche in altre città tra cui Forlì, Ferrara e Ravenna, solo per citarne alcune.
Riceve commissioni francesi per la villa del ministro Aldini a Montmorency e secondo alcune fonti viaggia a Parigi, per le decorazioni dei gabinetti napoleonici nel palazzo delle Tuileries per interessamento del suo maestro Antolini.
I riconoscimenti accademici arrivano tardi, tuttavia entra ufficialmente a far parte dell’Accademia di San Luca nel 1811 e nella congregazione dei Virtuosi del Pantheon nel 1819.
In seguito, continua i suoi spostamenti nelle città italiane e le sue collaborazioni fino all’ultimo anno di vita. L’ultima commissione è eseguita a sessantaquattro anni per il principe Baciocchi contemporaneamente ai lavori di palazzo Lambertini Ranuzzi. Muore a Roma nel 1823, in conseguenza ad una caduta avvenuta a Bologna l’autunno precedente.